Indietro | LINGUAGGI JAZZ Archivio 2002
-TORINO- |
Sabato 23 febbraio
Piccolo Regio Puccini ore 21.15 SUITE AFRICAINE LOUIS SCLAVIS HENRI TEXIER ALDO ROMANO TRIO Louis Sclavis, clarinetto, clarinetto basso, sax soprano Henri Texier, contrabbasso Aldo Romano, batteria in collaborazione con Centre Culturel Français de Turin |
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Dal 1990 Louis Sclavis, Henri
Texier e Aldo Romano, personalità eccelse del jazz dell'Esagono,
hanno preso l'abitudine di solcare insieme il Continente Nero, su iniziativa
del fotografo Guy Le Querrec che li ha sempre accompagnati con la sua Leica.
Scopo di queste ripetute evasioni non era solo risalire alle sorgenti del
jazz, ma anche consolidare la reciproca complicità e affinare la
loro propensione globale. Quelle esperienze sono trascritte nel famoso diario
di viaggio Carnet De Routes e nella più recente Suite Africaine,
riconsiderazione sonora di successive visite in Ciad, Camerun e Guinea Equatoriale.
Tra jazz e world, sketches impressionistici e concatenazioni tematiche,
il trio prosegue il suo "Africanismo elettivo" che, come ricorda
Sclavis, è ben di più "della pura imitazione di ciò
che vedemmo, ascoltammo e scoprimmo sul posto. Partiti con la nostra musica,
siamo tornati con la testa affollata di ritmi e di melodie che ci hanno
dettato inconsapevolmente nuove composizioni". Il 57enne Henri Texier ha affrontato molte avventure. Negli anni 60 seguiva l'iter di tanti contrabbassisti, accompagnava musicisti americani en route: Chet Baker, Bud Powell, Johnny Griffin. Poi lo si trova, in ambito free, con Michel Portal, Steve Lacy e nell'European Rhythm Machine di Phil Woods. Un disco in piena solitudine, Amir, del 1976, segna il debutto del suo "jazz-folk", innovativa sintesi tra jazz e folklore celtico e magrebino. Rugoso, quasi rustico, il contrabbassista si trasforma in percussionista che picchia freneticamente cassa e corde, ma pure in melodista uso a canticchiare mentre suona. Per quanto ami ritrovarsi solo col suo strumento, Texier è capace di ascoltare; in sodalizio con altri, la sua generosità si moltiplica nella pratica della libera improvvisazione collettiva. Sclavis (Lione, 1953), entrato nel mondo dei clarinettisti sotto l'influenza naturale di Sidney Bechet e, in seguito, di Eric Dolphy, persegue dagli anni Ottanta "la ricerca del folklore immaginario". Discepolo dell'Arfi (l'Associazione lionese costituita nel 1977 al fine di "difendere l'improvvisazione, diffondere musiche parallele e di stabilire un nuovo folklore"), non esita a infarcire la sua musica di tango, di rock e di folk francese. Pulsazioni e armonie insolite non gli impediscono di rivendicare pienamente la sua appartenenza al jazz. "Rimango un jazzista. È una maniera particolare di affrontare la musica e di condividerla con i musicisti e il pubblico. I giovani che vengono ai nostri concerti sono catturati. Non si aspettano questo trattamento dell'improvvisazione, degli strumenti, dei ritmi. Scoprono un ampio ventaglio di libertà." Il batterista "italo-parigot" Aldo Romano è nato a Belluno nel 1941. Dapprima chitarrista, si specializzò al suo attuale strumento in piena epoca free, un tirocinio culminato a fianco di Keith Jarrett e maturato col quintetto di Don Cherry e alla corte di Carla Bley, massima sacerdotessa del genere. "Mi suggerivano di non limitarmi alle scansioni ritmiche, ma di adocchiare colori e atmosfere. Per la prima volta compresi cosa significa essere melodici alla batteria". In seguito costituirà un quartetto di fusion, Total Issue, con Texier, Chris Hayward e Georges Locatelli; tra le numerose collaborazioni frequenterà Franco d'Andrea e soprattutto Michel Petrucciani. Maestro di versatilità e assiduo cultore del melodismo, il batteur dal ghigno di gatto è un sornione artigiano delle sfumature, in azione con controllato impeto su pelli e legni, piatti e timballi, in tempi ora languidi, ora pericolosamente acuminati. |
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