Indietro | LINGUAGGI JAZZ Archivio 2002
-TORINO- |
Sabato 26 gennaio
Piccolo Regio Puccini ore 21.15 MARC RIBOT SOLO Marc Ribot, chitarra |
|
Marc Ribot |
"Quando fai qualcosa di diverso, devi
immaginarti una nuova storia. La storia che immagino ora comprende Derek
Bailey, Thelonious Monk, Albert Ayler, John Lee Hooker e Daniel Johnston.
Non so come venga chiamata questa musica, ma la sento come possibile e legittima".
Così Marc Ribot legge in controluce la sua ultima fatica. Saints,
la quarta operazione esercitata in bella solitudine, non è in realtà
una storia completamente diversa. Rappresenta piuttosto una sterzata dopo
anni di divertito ersatz-latino alla guida di un gruppo denominato "Los
Cubanos Postizos", e il conclamato ritorno alle ambientazioni di Don't
Blame Me (1996). Ribot, partito dal pretesto di accostarsi a tre schizzi
di Ayler, affronta classici di varie ere. Non mancano episodi di moderato
stridore elettronico, magari nel "Book Of Heads" del suo vecchio
partner John Zorn, ma è l'approccio acustico a prevalere. In onore
all'estetica blues, folk e jazz d'antan, la strumentazione è spartana,
quasi dilettantesca. Se per Don't Blame Me si serviva addirittura di una
chitarra giocattolo, stavolta è l'incredibile spettro di sonorità
evocate con una sei corde da venti dollari avuta in prestito a prendersi
una divertente rivincita sugli apparati della tecnologia avanzata. Il chitarrista americano (Newark, New Jersey, 1954), nonostante il pronunciato eclettismo - è legato al territorio senza confini delle Nouvelles Vagues di downtown New York City, da Evan Lurie a Anthony Coleman - continua a definirsi un musicista soul. Il suo retroterra comprende approfondimenti classici al seguito del maestro haitiano Frantz Casseus oltre alla duratura militanza nell'orchestrina rhythm & blues Realtones e a collaborazioni con Wilson Pickett, Solomon Burke e Jack McDuff. Più di recente ha animato proprie formazioni (i Rootless Cosmopolitans e Shrek), composto partiture per coreografi come Yoshiko Chuma e Wim Vanderkeybus, ha scritto colonne sonore e fornito le parti di chitarra alla diva afro-peruviana Susana Baca, al sax "no wave" di James Chance, all'ensemble di Cuba Sierra Maestra e ai neo-country Honky See, Honky Do di Calvin Weston e Marc Anthony Thompson. Personaggio spesso allineato a fuggitivi (o esuli) della scena rock - nomi esemplari, consapevoli che la loro non è fuga verso il nulla: Elvis Costello, Tom Waits, Marianne Faithfull, i Lounge Lizards - Marc Ribot, a differenza di colleghi velocisti dello strumento, preferisce non correre; anzi, la sua specialità è fermarsi a riconsiderare, prendendo fiato per le proprie idee e restituendo un respiro quadrimensionale a un repertorio (i Beatles, Leonard Bernstein, standard race come "St James Infirmary" o "Go Down Moses") di cui esplora ogni sottigliezza, ogni ombreggiatura con rigore, eleganza e delicatezza. |
Indietro |