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:: BLUES AL FEMMINILE 2002 ::

JEANNE TREV0R & THE SIMON ROWE TRIO

Jeanne Trevor, voce
Simon Rowe, piano
Willem von Hombracht, contrabbasso
Peter Wilhoit, batteria

Novembre
6 BORGOSESIA
7 OLEGGIO
8 NOVI LIGURE
9 TORINO
10 SAVIGLIANO
12 ASTI
14 OMEGNA
15 CASALE MONFERRATO
16 GAGLIANICO
17 PINEROLO
St. Louis, cuore dell'America - tra Sud, Midwest, Ovest - e la città da cui ha preso ispirazione e titolo il più celebre dei blues, ha dato alla musica nera del Novecento un numero straordinario di voci memorabili per originalità, impatto, risonanza. La metropoli del Missouri, insieme alla sua umile e aspra dirimpettaia sull'altra sponda del Mississippi e oltre il confine con l'Illinois, East St. Louis, ha svezzato o accolto in anni rilevanti delle rispettive carriere artisti come Roosevelt Sykes, Peetie Wheatstraw, Willie Mae Ford Smith, Chuck Berry, Jimmy McCracklin, Albert King, Clark Terry, Brother Joe May, Ike e Tina Turner, Fontella Bass, Leon Thomas, Ann Peebles, Donny Hathaway, Shirley Brown - uno spaccato profondo della storia di blues, gospel, rock'n'roll, jazz, soul.
Alla classe di questi cantanti appartiene idealmente anche Jeanne Trevor, una delle voci femminili più singolari nella generazione successiva a quella delle tre grandi maestre del moderno canto jazz, Dinah Washington, Sarah Vaughan e Carmen McRae. Attiva sulla scena jazzistica di St. Louis sin dagli anni Sessanta, l'epoca d'oro di Gaslight Square e dei suoi tanti night club, Jeanne ha parallelamente esercitato la sua eccentrica quanto radicata personalità canora, il suo connubio di versatilità e senso della tradizione, in significative esperienze teatrali, cinematografiche e televisive. Al pari di illustri modelli come Pearl Bailey o Della Reese, la Trevor ha sviluppato la capacità di muoversi nello spazio di una canzone con lo spirito dell'attrice, con una rimarchevole attenzione per il dettaglio narrativo e descrittivo.
La sua voce dai peculiari contrasti agrodolci, tra soffici velature castane e riverberanti aperture metalliche, si tiene in prezioso equilibrio tra una marcata sensibilità soul-jazz, evocativa di Etta Jones o di Gloria Lynne, e un sofisticato gusto teatral-cabarettistico, creando tra un brano e l'altro (e talora all'interno dello stesso brano) un peculiarissimo bilanciamento di piano e forte, di intimismo ed esuberanza, di opacità e lucentezza, di ironica vulnerabilità e di fiera (ma sempre emotivamente sfaccettata) determinazione.
Il primo album di grande pregio della cantante di St.Louis è Pow!, realizzato intorno al 1965 per la Mainstream con un incisivo quartetto di jazzmen suoi concittadini (e bizzarramente illustrato in copertina da una bionda figura femminile disegnata in stile Marvel comics), mette a fuoco la giovanile energia di una Jeanne già stilisticamente definita, capace di scelte tematiche originali ("From An Ancient Proverb" di Tommy Wolf) e di interpretazioni fortemente personalizzate di standard come "I've Got You Under My Skin" - dilatato, sottilmente ansioso - o "People Will Say We're In Love" - fatto pulsare a tempo di twist in un bel dialogo con il sax tenore. Aspra e veementemente bluesy in "Get Out Of My Life", la Trevor sa esprimersi con sensibilità e naturalezza tanto come swinger ("I Know That You Know") che come balladeuse ("Don't Blame Me"), esibendo un fraseggio spesso sorprendente nelle sue asimmetrie e nei suoi intriganti detours, nell'alternanza di succosi portamenti e argute sospensioni, e una dizione di rara, palpabile eleganza. Quella eleganza che - in una veste matura ma sempre estrosa - si apprezza a fondo nel Cd Catalyst del 1999, Love You Madly, che si riallaccia al disco precedente attraverso il delizioso remake di "Visit Me", lo spiritoso e sensuale bozzetto del cantautore Howlett Smith. In compagnia del trio del pianista Simon Rowe (al suo fianco anche per "Blues al Femminile") e del sassofonista tenore Willie Akins, Jeanne spazia dalla struggente nostalgia di "When The World Was Young" - melodicamente recitato, senza perdere coerenza espressiva, tanto nei mirabili versi inglesi di Johnny Mercer quanto nell'originale francese - alla serena visione gospel di "Give Me Jesus". Maestra di atmosfere brumose e riflessive, la cantante rende letture penetranti quanto sottilmente ambigue di due della più immaginifiche e suggestive ballads jazzistiche, "A Lazy Afternoon" e "Spring Can Really Hang You Up The Most": ma sa anche abbandonarsi al contagioso e ammiccante clima blues di Louis Jordan in "Early In The Morning", modulato con humor in un parlando musicalissimo, dal taglio fluidamente percussivo e dai colori e dagli accenti variegati, e liberare uno scat sapidamente bizzoso e contrastato in "Stompin' At The Savoy" e nell'ellingtoniano "Love You Madly".
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