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LINGUAGGI JAZZ Archivio 2002 -TORINO-

Sabato 30 marzo Piccolo Regio Puccini ore 21.15

PROGETTO SPECIALE
JAZZINARIA con QUINTETTO ARCHITORTI ospite FABRIZIO BOSSO

Jazzinaria
Laura Cavallero, voce
Luigi Martinale, pianforte
Stefano Risso, contabbasso
Paolo Franciscone, batteria
Quintetto Architorti
Loris Bertot, contrabbasso
Marco Robino, violoncello
Sergio Origlia, viola
Elena Gallafrio, violino
Efix Puleo, violino
Special Guest
Fabrizio Bosso, tromba


Jazzinaria

Se l'America di Tin Pan Alley continua a fornire, nelle pieghe delle sue vetuste partiture, innumerevoli spunti all'improvvisazione e alla creatività del jazz, anche in Italia molti hanno provato a coniugare la musica leggera con il jazz, spesso interpretando con garbo e valore entrambi i generi anche quando li tenevano separati. Jazzinaria, un gioco di parole che allude alla filtratura in jazz delle canzoncine trasmesse per radio ("on air", via etere) grosso modo fino agli anni Cinquanta, è il quartetto torinese inventato dal pianista e arrangiatore Luigi Martinale. Ammicca alla nostalgia di titoli come "Grazie dei fior", "Ma l'amore no", "Ma le gambe" o "Luna melanconica" (l'astro daltonico che da "Blue Moon" diventa "Tu, pallida luna"), setacciando i "radio days" dell'Italietta dell'anteguerra e della ricostruzione con grazia e ironia.
Nobilitando la colonna sonora dei loro nonni, i quattro di Jazzinaria dimostrano, come nota Bruno Gambarotta nell'endorsement al loro secondo cd per la Splasc(h), Camminando, che le canzoni di Macario o di Gorni Kramer contengono le medesime potenzialità espressive di quelle di Gershwin o di Cole Porter, una volta che siano state arrangiate secondo gli stilemi del jazz. Il gruppo trova un'agile ritmica in Stefano Risso, bassista dai trascorsi punk non del tutto rinnegati, e nello swingante Paolo Franciscone, batterista apprezzato da luminari come Gianni Coscia e Mal Waldron.
Il fraseggio nitido e innocentemente blasé di Laura Cavallero, formatasi presso il Centro Jazz Torino, aggiunge credibilità all'operazione evocando atmosfere da eleganza a buon mercato, di quando il centro era già periferia, ri-creando il repertorio in maniera libera, anacronistica, spregiudicata: "quelle melodie e quei testi fuori moda si rivelano talmente attuali da non dover più far leva sulla suggestione del ricordo". Il gruppo non è nuovo a collaborazioni con degnissimi concittadini (è Emanuele Cisi ad aggiungere un prezioso sax a Camminando). In questo inedito progetto a conclusione della stagione di Linguaggi Jazz si confrontano con Fabrizio Bosso, già al fianco di Martinale in un indipendente quartetto del pianista. Solista rigoroso, da alcuni additato come virtuale successore di Flavio Boltro, il giovane trombettista è legato alle radici storiche, afroamericane, del jazz moderno. Ha già riscosso numerose soddisfazioni sul piano internazionale, come quando ha avvicendato Lew Soloff e Randy Brecker nella Carnegie Hall Orchestra diretta da John Faddis.
Completano il line-up i prodigiosi Architorti, un quintetto d'archi che irride i confini e ignora ogni barriera nella sperimentazione e nell'inseminazione di musiche, stili ed epoche diverse. Arditi eppure sorprendentemente coerenti nell'accostare Franz Liszt a Lucio Battisti, Astor Piazzolla a Johann Strauss, Madaski a Madonna, sono ovviamente inclassificabili come ensemble di jazz o di qualsiasi categoria. L'unica linea di condotta perseguita è contenuta nella loro inflessibile dichiarazione di intenti (sono musici serissimi, dalla granitica formazione classica): "il problema di fondo è la realizzazione di un prodotto funzionale, capace di comunicare valori e sentimenti universali a un pubblico eterogeneo".

 

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