GRANA' LOUISE BLUES BAND | ||||||||||||||||||||||||
Granà Louise, voce Michael A. Dotson, chitarra Doss Murphy, basso Thomas Kenya Darwin, batteria
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Giunonica e voluttuosa creatura da palcoscenico, Granà Louise è una delle più versatili intrattenitrici e persuasive raconteuses blues del nuovo secolo. Di fronte alla vasta platea di un festival o nell’ambiente raccolto di un club, Granà sa pilotare e modulare la sua bella voce castana, dalle ombreggiature seducenti e dalle imperiose asprezze, attraverso una grande ma compatibile varietà di registri espressivi - recitando l’antico “Long John Blues” di Dinah Washington con gusto e humor e sottolineandone astutamente (ma senza mai eccedere) ogni doppio senso erotico del testo, rendendo omaggio alla rauca e fosca potenza di Howlin’ Wolf e caricando il suo arcano e immaginifico “Smokestack Lightnin’” di accenti minacciosi e crudele tensione, esibendo pensosa eleganza e fluido swing in un “Summertime” coronato da un’improvvisazione in scat che conserva la concreta e verace eloquenza del suo raccontare in blues. Erede di Dinah e di altre grandi ed eccentriche sciantose del passato, da Little Miss Cornshucks a LaVern Baker, Granà Louise è emersa come loro dal fertile terreno del Midwest urbano, tra Ohio, Minnesota e Illinois. Nativa di Cincinnati, è cresciuta a Columbus e si è poi rivelata sulla scena di Minneapolis, dove ha realizzato per la Diamond Blue il suo primo album, Hit the Big Time, e dove ha anche esercitato il suo talento di attrice-cantante in commedie e musical come The Sunshine Boys di Neil Simon e Blues in the Night. Sul finire degli anni Novanta si è stabilita nella capitale del blues, Chicago, dove la sua forte personalità le ha permesso di emergere da un fitto panorama di voci femminili. A Chicago, per la Crystal Blue, Granà Louise ha da breve registrato il CD che rivela tutta la sua maturità, il suo controllato eclettismo e la sua familiarità con la storia e i valori profondi della musica afroamericana: Generations, un disco al contempo tradizionale e modernissimo, ricco di riferimenti familiari ed autobiografici, nel quale la cantante riesce a conciliare Bessie Smith (“Sing Sing Prison Blues”) e Michael Jackson (“Stranger In Moscow”), Willie Dixon (“Little Red Rooster”) e i Kinsey Report (“Down in the Dungeon”), e colora il suo storytelling di un caldo e irresistibile umorismo in bozzetti originali come “Big Annie’s Fanny” e “”Great Grandmother Maggie”. |
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