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LINGUAGGI JAZZ Archivio 2002 -TORINO-

Sabato 2 marzo Piccolo Regio Puccini ore 21.15

FOUR IN ONE
DAVE DOUGLAS MISHA MENGELBERG BRAD JONES HAN BENNINK

Dave Douglas, tromba
Misha Mengelberg, piano
Brad Jones, contrabbasso
Han Bennink, batteria


Dave Douglas

Sortisce da un titolo di Monk il nome dell'ultima prodezza di Misha Mengelberg, il più apolide dei jazzisti europei ad incontrare l'America. Il pianista olandese (nato però a Kiev, nel 1935), antesignano del "new Dutch Swing", è la memoria vivente dell'arte della creatività sapiente e beffarda nel cuore del Vecchio Continente. Da tempo immemorabile è partner del connazionale Han Bennink: apparvero insieme nel 1964 sulla Last Date di Eric Dolphy, per poi dar vita, dal 1967, a diverse formazioni della ICP, Instant Composers Pool. Nei Settanta fu responsabile del workshop STEIN (Studio for Electro-Instrumental Music), del sindacato olandese dei musicisti d'improvvisazione e di provocatori terzetti con Bennink e il sassofonista sudafricano Dudu Pukwana, per non dire della creazione di un indigeno "music theater", con sonore dosi di situazionismo musicale e teatrale. Continua tuttora a dirigere l'orchestra della ICP, solitamente in ottetto, con la crema dei musicisti del Paese dalle Targhe Gialle. Quella formazione è diventata il forum di tutti gli interessi di Mengelberg: composizione, improvvisazione "guidata", patafisica e teatro di musica.
Bennink (Zaandam, 1942) è considerato uno dei più estremi improvvisatori della nostra epoca, e il suo approccio alla batteria e alla "composizione istantanea" ha creato schiere di proseliti in tutto il mondo. Negli anni Sessanta si confrontò con fuoriclasse americani, e il suo stile assertivo scaturì proprio dalle prime visite a New York, quando incontrò Charles Moffett, Elvin Jones, Billy Higgins."Vedere loro mi aprì la mente. In Europa, i batteristi facevano sempre la parte dei bravi ragazzi: suonavano la batteria come se la stessero lucidando". Famoso per le sue trovate spettacolari, da teatro dell'assurdo, insiste che "mantenere il tempo è il mio scopo principale, anche nella vita di ogni giorno".
Nativo del New Jersey, emerso nei primi anni Novanta attorno alla Knitting Factory di New York, Dave Douglas opera la definitiva, vitale riconciliazione di sfere culturali adiacenti o parallele al lessico del jazz contemporaneo; i suoi elaborati esperimenti (di certo intellettuali, ma mai cervellotici) sono deliziosi e intriganti.
"La musica a cui tendo supera le categorie", ammette tra modestia e ambizione il 39enne trombettista. Beniamino di passate edizioni di Linguaggi Jazz, ha attraversato con successo varie frontiere. "Cerco di infrangere le regole e le barriere prestabilite nella comune pratica musicale, per ricostruire altri canoni e magari infrangerli nuovamente. Non mi ritengo un compositore e musicista jazz; quando vedo qualcuno che cerca di porre distinzioni tra jazz, classica e world music, tendo a distogliere lo sguardo".
Il quartetto, completato dal bassista newyorkese Brad Jones, lavora su una scaletta di originali di Mengelberg, che coprono l'intera gamma tra blues, bop, sketches umoristici, marcette sardoniche e kwela sudafricani, oltre che su una manciata di ballads monkiane, con le quali Misha mantiene una antica affinità. E qui l'esercizio di precisa lettura dei testi prevedibilmente confina con le deviazioni più clamorose e deliranti. Per dirla alla Philippe Carles, "gli estremi mi toccano".

Misha Mengelberg

Brad Jones

Han Bennink
 
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