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Il sodalizio tra tre colonne del jazz dell’Esagono, Louis Sclavis, Henry Texier e Aldo Romano, è nato nel 1990 in occasione di una tournée in Africa. Per conservare memoria dell’esperienza, i musicisti e Guy Le Querrec, il fotografo dell'agenzia Magnum che li accompagnò con la sua Leica, pensarono a un disco corredato da un libretto con una cinquantina di foto del viaggio. L’album, Carnet de routes, uscì nel 1995 raccogliendo un successo straordinario. Tre anni dopo, i quattro amici decisero di rinnovare l’impresa, visitando l’Africa orientale e meridionale e registrando un secondo lavoro, Suite Africaine, ancora impreziosito da splendide fotografie. Il terzo capitolo discografico del progetto, African Flashback, è invece un viaggio nella memoria, tributo di tre musicisti al fedele testimone fotografico e alle popolazioni che l’hanno ispirato. Tra jazz e world, sketches impressionistici e concatenazioni tematiche, il trio esercita un "Africanismo elettivo" che, come ricorda Sclavis, è ben di più "della pura imitazione di ciò che vedemmo, ascoltammo e scoprimmo sul posto. Partiti con la nostra musica, siamo tornati con la testa affollata di ritmi e di melodie che ci hanno dettato inconsapevolmente nuove composizioni". Il 67enne Henri Texier ha affrontato molte avventure. Si fece un nome, in ambito free, con Michel Portal, Steve Lacy e nell'European Rhythm Machine di Phil Woods. Un disco in piena solitudine, Amir, del 1976, segna il debutto del suo "jazz-folk", innovativa sintesi tra jazz e tradizioni celtiche e magrebine. Rugoso, quasi rustico, il contrabbassista si trasforma in percussionista che picchia freneticamente cassa e corde, ma pure in melodista |
uso a canticchiare mentre suona. Per quanto ami ritrovarsi solo col suo strumento, Texier è capace di ascoltare; in sodalizio con altri, la sua generosità si moltiplica nella pratica della libera improvvisazione collettiva.Sclavis (Lione, 1953), entrato nel mondo dei clarinettisti sotto l'influenza naturale di Sidney Bechet e di Eric Dolphy, persegue dagli anni Ottanta "la ricerca del folklore immaginario", e non esita a infarcire la sua musica di tango, di rock e di folk francese. Pulsazioni e armonie insolite non gli impediscono tuttavia di rivendicare pienamente la sua piena appartenenza al jazz. "Rimango un jazzista. È una maniera particolare di affrontare la musica e di condividerla con i musicisti e il pubblico. I giovani che vengono ai nostri concerti sono catturati. Non si aspettano questo trattamento dell'improvvisazione, degli strumenti, dei ritmi. Scoprono un ampio ventaglio di libertà." Il batterista "italo-parigot" Aldo Romano è nato a Belluno nel 1941. Dapprima chitarrista, si specializzò nel suo attuale strumento in piena epoca free, un tirocinio maturato col quintetto di Don Cherry e alla corte di Carla Bley, massima sacerdotessa del genere. In seguito costituirà un quartetto di fusion, Total Issue, con Texier, Chris Hayward e Georges Locatelli; tra le numerose collaborazioni frequenterà Paolo Fresu, Franco D'Andrea e soprattutto Michel Petrucciani, che contribuirà a far conoscere e a introdurre nel grande circuito internazionale. |